Siamo finiti in un
carcere. Così John Berger definisce la condizione del mondo di oggi.
Ma un mondo che cade
a pezzi può essere salvato dalla catastrofe finale? Io dico si sì.
Fino ad oggi per
raccontare la nostra rabbia abbiamo usato la protesta, individuale,
di gruppo, globale. Le proteste sono sempre rimaste silenti. Al
termine di un percorso ogni corteo ripiega le sue bandiere e tutti
tornano a casa per ritrovarvi le cose esattamente come le avevano
lasciate.
Oggi la protesta
fine a se stessa è solo un accavallarsi di passi e di voce se non la
accompagnamo ad un processo di ricostruzione.
Ricostruire è la
nuova parola d'ordine.
Ricostruire è
essere giardinieri del proprio mondo.
Ricostruire è la
nuova possibilità.
Nessun commento:
Posta un commento