lunedì 23 maggio 2016

La politica dei tavolini senza una gamba


«Il cinema ha molti meriti, tra questi c’è quello di dare voce a chi non ce l’ha. Il mondo sta attraversando una fase pericolosa, è in atto un disegno di austerità e di neoliberismo che rischia di causare catastrofi, in una società fatta di pochi ricchi e moltissimi poveri... Dobbiamo invece dare un messaggio di fiducia, un altro assetto è possibile, e, soprattutto, è necessario».
Con queste parole Ken Loach ha commentato la sua vittoria della Palma d'Oro al Festival di Cannes.

Attraverso ogni sua corrente il cinema ha da sempre raccontato bellezze e orrori della società. Ci sono stati anni in cui il cinema e la politica si sono interconnessi per denunciare ed affrontare tante problematiche appartenenti a mondi invisibili della società allargata.
Tornare a questa interconnessione non basta. La politica deve tornare ad essere politica, a fare politica, ed essere politica significa dare la voce a chi non ce l'ha. Non possono bastare denunce cinematografiche e sostituzioni di ruoli. A Roma il welfare è morto da anni. Il Piano per la Famiglia di Riccardi lo ha definitivamente abolito, mettendo sulle spalle delle donne la sostituzione di un piano sociale locale e nazionale. Nei municipi i diritti sono diventati bisogni, diritti politicamente considerati come emergenze. Sono stati attivati “tavoli dei bisogni” per parlare di lavoro, di donne, di infanzia e terza età, di handicap. Tavolini traballanti, quelli a cui mancava sempre la gamba della conoscenza che differenzia diritti e bisogni. Quando si fa confusione fra lo stato sociale e lo stato costituzionale la politica si trasforma in un fallimento a vantaggio di qualcuno.

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