venerdì 24 settembre 2021

LE POLITICHE SOCIALI PRIMA DI OGNI TSUNAMI


Guardiamoci attorno. Due sono le percezioni che abbiamo rispetto alla pandemia. Una è la sensazione che essa sia stata un grande acceleratore di processi, uno fra tutti il bisogno di fare comunità. Costretti a trascorrere la maggior parte del tempo a casa, abbiamo usato i nostri quartieri per ogni necessità: dalla passeggiata con la “complicità” del cane fino alla spesa nei negozi di prossimità, trasformando anche i quartieri “dormitorio”, che hanno ritrovato una funzione ed una funzionalità a misura d’uomo.


L’altra percezione è quella di un vuoto che, considerato in concreto, ha risvegliato il predominio della paura di non riuscire a tornare alla normalità individuale del presente e ad un risveglio collettivo del futuro. 


Guardiamoci attorno. Nonostante gli sforzi di ciascuno e di (quasi) tutti, i nostri quartieri sono spenti. Le saracinesche d
i ormai troppi esercizi commerciali sono abbassate per sempre, con tutto quello che ne consegue in termini di politiche del lavoro ed economiche: non solo i grandi numeri, bensì le famiglie, cioè le persone.
 

Manca poco, pochissimo. Fra breve finirà la stagione dei sostegni e ci ritroveremo in uno tsunami sociale di enormi dimensioni. Terminerà il blocco dei licenziamenti, il blocco degli sfratti e molti saranno costretti a chiedere ai figli di smettere di studiare, attivando così i grandi numeri della dispersione scolastica.

Cosa facciamo oggi per questo futuro prossimo? Cosa stiamo programmando di fare?
 

Facciamo attenzione ai programmi elettorali.

Le politiche sociali saranno il riflettore politico primario e non possiamo trovarci impreparati. 

Velocizzare i tempi di aiuto è l’importanza primaria: la povertà non conosce la misura del tempo. 

Sburocratizzare le modalità di richiesta di aiuto è l’importanza primaria: la povertà non conosce l’educazione servile dei formalismi.


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