giovedì 2 settembre 2021

LA LINGUA SENZA INNOCENZA

LA LINGUA SENZA INNOCENZA

 

L’uso della lingua non è mai innocente. Il reato di utilizzare impropriamente il linguaggio dovrebbe essere punito per legge, purtroppo non si punisce più neppure a scuola, luogo deputato ad insegnare come esprimere il proprio pensiero. 

La lingua non è mai innocente soprattutto nella politica: un aggettivo, un pronome, un solo semplice segno linguistico ci dicono chi siamo, anche in un elaborato che si distingue da altri perché formula proposte interessanti.


Dire ciò che si pensa non equivale al pensare ciò che si dice. La lingua non è solo la rappresentazione parlata di esperienze, di fatti, di situazioni e resoconti: esiste una elaborazione cerebrale che trasforma i simboli in parole e se parli (e scrivi) male pensi anche male. Non è solo una questione di ignoranza, di basi linguistiche e grammaticali mancanti, non che scuola hai fatto o non hai fatto: è la tua identità che dà vita alle parole, che attua la trasformazione dei simboli e li colora o scolorisce.

La politica è preparazione e fantasia, promozione del futuro e coraggio. Insieme ci sono le parole attraverso le quali si costruisce o si disattiva la realtà. Quando le parole si usano perché pensate male possono far cessare il funzionamento di un meccanismo.

Emergenza è una delle parole che sbarra la strada, una parola pensata male dietro alla quale ci sono pensieri malevoli perché costruiti da identità malevole.

Ogni anno puntualmente ci ritroviamo con le “emergenze”. Emergenza freddo, caldo, clochard, scuola, disabili, anziani, donne e violenza e altro ancora. E ogni anno puntualmente si costruiscono traballanti “tavoli dei bisogni” che hanno il compito di mettere una pezza su quanto non è stato progettato con un piano a lungo termine. Nel linguaggio politico l’emergenza sostituisce il bisogno di un singolo o di una comunità o di una categoria.

Eppure nella realtà l’emergenza rappresenta qualcosa di improvviso e di tragico, che ci accompagna dalla normalità all’anormalità, dalla regolarità delle cose all’irregolarità, dall’ordinarietà alla straordinarietà: un terremoto, una guerra, una pandemia, un cataclisma e tutto ciò che accade e può nuovamente accadere ma senza una scadenza calendarizzata.

Ecco che viene a galla che (ci può aiutare una semplice consultazione di un dizionario) i bisogni in realtà non sono altro che diritti cancellati e che la trasformazione linguistica da diritto a bisogno e da bisogno ad emergenza è soltanto un bluff attraverso il quale la politica (e non solo) trova il suo tornaconto.
 

L’uso della lingua non è innocente quando le identità dei parlanti/scriventi non sono innocenti.


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